Pubblichiamo la comunicazione del Prof. Angelo Tartaglia (Docente del Politecnico di Torino, membro del Comitato Scientifico di Legambiente) al Convegno svolto a Milano il 14 dicembre 1998, sulla questione del potenziamento delle ferrovie nella Valle Padana. Tale comunicazione espone sostanzialmente una posizione di carattere tecnico sulla questione. L’impaginazione è stata modificata dai webmaster per la pubblicazione on-line e non fa parte del testo inviatoci dall’autore.
Transpadana, fuori dai fumi di tangentopoli, si discuta nel merito
Sono state rare, in questi anni, le occasioni per discutere nel merito, confrontando opzioni ed orientamenti diversi, le proposte di rilancio e potenziamento del trasporto ferroviario attraverso la pianura padana ed oltre. Ben venga dunque un incontro come questo dove confrontare o, se del caso, anche contrapporre argomenti, piuttosto che slogan, e lasciando cadere, se mai qualcuno l’avesse coltivata, l’illusione di poter tagliare con la forza nodi che non si riescono a sciogliere con la ragione.
Ciò che ha compromesso all’inizio la possibilità di un pacato e fattivo confronto è stata la scelta, dettata da motivazioni, lasciatemi dire, poco trasportistiche, di una particolare e specifica tecnologia anteposta alla definizione stessa del problema cui avrebbe dovuto dare soluzione. Si è preteso di identificare in partenza un treno moderno e all’avanguardia, con un treno veloce perché potente, anzi si è fatta coincidere la funzionalità di un intero sistema di trasporto con l’alta velocità per i passeggeri lungo un paio di assi.
Questo presupposto è costato fino ad oggi molto denaro alla collettività e per di più, per quanto riguarda la direttrice Est/Ovest, non ha, in una decina d’anni, prodotto nemmeno un metro di binario.
Ora la situazione è diversa: l’alta velocità in quanto tale si presenta come una opzione da non sacralizzare né demonizzare, tanto che il termine è scomparso dal titolo dei progetti (sostituito da espressioni diverse, magari un po’ fantasiose); l’accento viene posto sul problema del trasporto delle merci (il titolo stesso di questo convegno lo dice).
Naturalmente non sono i nomi, bensì è la sostanza a fare problema, ma è di questo appunto che vogliamo discutere.
Il problema è servire una domanda di tipo metropolitano
Cominciamo dunque con l’identificare il problema. A questo proposito lasciatemi richiamare le caratteristiche del trasporto di passeggeri nel nostro paese in generale, e attraverso la pianura padana nello specifico. Si tratta, come noto, di un’area in vastissime porzioni densamente urbanizzata: si consideri ad esempio buona parte del Veneto e il vastissimo hinterland milanese. La massa attuale degli spostamenti è ingentissima ed è più che ragionevole aspettarsi che cresca ancora, la sua caratteristica saliente, però, è quella delle brevi percorrenze. Dai dati disponibili non è immediato estrarre un parametro che quantifichi questa realtà nel caso della Torino-Trieste. Credo però di poter dire che il traffico passeggeri di lunga percorrenza interna alla tratta si situi ampiamente al di sotto del 10% del totale.
La domanda che questo traffico pone è per così dire di tipo metropolitano. Ciò che può interessare ed attirare l’utente è l’alta frequenza dei convogli, l’affidabilità del trasporto, il comfort del viaggio. Un viaggio, sia pur relativamente breve, fatto in piedi in un treno sporco ed in ritardo non attira certo simpatie verso il mezzo ferroviario. Cadenzamento e, in connessione con questo, omotachicità dei convogli, sono i fattori strategici da garantire. Qui la massima velocità del treno ha un valore marginale; non nullo, ma marginale. D’altra parte l’esperienza di viaggiare in TGV da Milano a Novara e Torino è gradevole e positiva, non certo perché, stanti le condizioni, il viaggio duri sensibilmente meno che con un altro intercity, ma perché il soggiorno a bordo è decisamente più piacevole.
Le proposte esistenti sono inadeguate
La questione della velocità di punta, oggi messa un pochino in disparte, continua ad essere rilevante perché essa ha ispirato e ispira i progetti o preprogetti esistenti e perché l’impatto globale della linea, sia all’atto della costruzione che poi durante l’esercizio, dipende fortemente dalla velocità.
Ricorderò semplicemente che le sollecitazioni sulla linea (e quindi la sua rigidità e “pesantezza”) dipendono dall’energia del convoglio in movimento, la quale cresce linearmente con la massa e quadraticamente con la velocità: la velocità insomma è il parametro che conta di più. Anche altre grandezze connesse con l’impatto complessivo sono particolarmente sensibili alla velocità. Ad esempio è noto che il trasporto in ferrovia è energeticamente più conveniente di quello su strada, ma è bene anche ricordare che la potenza necessaria aumenta col cubo della velocità: per far circolare un treno a 300 km/h è richiesta una potenza otto volte superiore a quella necessaria a 150 km/h. Il consumo di energia su di uno stesso percorso, poi, cresce col quadrato della velocità: un viaggio a 300 km/h consuma quattro volte più energia di uno a 150 km/h (richiede naturalmente anche la metà del tempo, ma il tempo risparmiato viene “pagato” con un aggravio energetico ben più che proporzionale). Ancora: la quantità di energia dissipata sotto forma di rumore aerodinamico cresce addirittura con la 6-7ma potenza della velocità (raddoppiando la velocità, si moltiplica per 128).
Quali sono i requisiti per trasportare merci?
Veniamo alle merci. Il riconoscimento dell’importanza del trasporto ferroviario delle merci è in un certo senso tardivo, non perché tale importanza non sia stata sempre dichiarata, ma perché è recente un suo abbinamento forte con il problema delle nuove infrastrutture ferroviarie attraverso la pianura padana.
In effetti nel nostro paese solo il 12% delle merci viaggia in ferrovia. Il dato riferito alle regioni settentrionali è presumibilmente più alto della media nazionale (diciamo intorno al 14%), rimane però il fatto che la parte dominante viaggia su strada con costi ambientali ed economici a carico della collettività, molto rilevanti. C’è insomma una oggettiva ed impellente esigenza di trasferire merci dalla strada alla ferrovia.
Ciò detto va precisato immediatamente che la quota effettivamente catturabile dalla ferrovia non potrebbe mai superare il 30% e anzi anche un obiettivo di tale entità è verosimilmente utopico. Anche nel caso delle merci si verifica che la parte prevalente degli spostamenti avviene su distanze medio brevi su cui la rigidità della via ferrata non riesce comunque a competere con la flessibilità e capillarità della strada.
Sarebbe bene comunque definire meglio tanto la situazione attuale quanto quella futura presumibile. Io non sono riuscito, ad esempio, dagli studi esistenti, o per lo meno dalle sintesi che ne sono disponibili, ad estrarre alcuna informazione chiara circa l’entità del flusso di merci in attraversamento da Est ad Ovest e viceversa, di cui pure si è molto parlato, quanto meno a livello, diciamo così, propagandistico.
È chiaro comunque che c’è un forte flusso attuale e potenziale dai porti del Tirreno e dell’Adriatico settentrionali verso l’Europa centrale e viceversa. Così pure è ragionevole aspettarsi un forte incremento dell’interscambio con i paesi dell’Est. Il tutto però è spesso molto più lasciato agli scenari politico/economici che a quelli economico/scientifici.
Con tutto ciò riconosciamo pure la rilevanza centrale della questione delle merci, prendiamoci sul serio e chiediamoci quali siano i requisiti di qualità di un buon trasporto merci.
Innanzi tutto è importante la garanzia dei tempi (non la brevità dei tempi), cioè l’affidabilità ai fini della consegna. Questo vuol dire che il convoglio merci deve poter viaggiare su binari sostanzialmente sgombri, senza intralci di alcun genere, in particolare, se possibile, senza treni passeggeri di mezzo, con le loro precedenze e la loro velocità. Un treno merci deve poter evitare le soste intermedie tra origine e destinazione e deve avere accesso alla linea in base alle esigenze del mercato. La velocità del treno, ancora una volta, è marginale.
Una linea con queste caratteristiche, tra l’altro, anche per via dell’impatto acustico non indifferente, deve aggirare il più possibile le aree urbanizzate, a differenza delle linee passeggeri che debbono invece attraversarle ed unirle.
Merci in città e passeggeri in campagna? Un equivoco da chiarire
Sempre in materia di trasporto merci debbo dire che permane e perdura un equivoco che andrebbe chiarito: è quello dell’esercizio misto. Da un certo punto in poi, riconosciuta l’importanza del trasporto merci e il peso minore di quello di passeggeri di lunga percorrenza, si è cominciato a parlare di linee che potessero portare tanto treni ad alta velocità (i mitici 300 km/h) che merci. Questa soluzione non regge né dal punto di vista tecnologico, né da quello logistico. Non si può pensare che, sugli stessi binari, corrano treni a velocità gli uni più che doppie rispetto a quelle degli altri senza penalizzarsi a vicenda, a meno naturalmente che l’importanza del trasporto merci sia tale solo per modo di dire o lo sia quella dei passeggeri a lunga percorrenza.
Oltre a ciò, non si può pensare di far correre, sugli stessi binari, treni leggeri e veloci, che hanno bisogno di condizioni di rigidità e qualità delle superfici di contatto ben precise e particolari, e treni più lenti e pesanti quali sono i merci, per quanto nuovi e moderni, senza portare alle stelle i costi e le difficoltà di manutenzione e gestione della linea. Questo è quanto tra l’altro indica l’esperienza tedesca della Würzburg-Hannover.
Senza contare la necessità di contemperare esigenze divergenti di tracciato. Come già detto, è ragionevole che i merci passino fuori delle città e i treni passeggeri, anche veloci, dentro, a meno di pensare che, sulla Torino-Trieste, il flusso di passeggeri di lunga percorrenza sia tale da consentire di saltare gran parte delle tappe intermedie senza con ciò diminuire il numero di convogli a valori prossimi allo zero.
Quale modello di esercizio?
Un altro punto su cui occorre fare chiarezza riguarda il possibile modello di esercizio delle nuove linee. Continua ad aleggiare l’idea, relitto del passato ed in parziale contraddizione con la già criticata proposta dell’esercizio misto, di decongestionare la linea storica sottraendole treni a lunga percorrenza per lasciar posto anche a treni merci. Questa idea, in contrasto con i dati esistenti e con ragionevoli previsioni per il futuro, dà per scontato che esista un numero di passeggeri di lunga percorrenza tale da consentire di allontanare dalla linea storica (e dal cuore delle città) un numero non irrisorio di treni passeggeri. Nel contempo prevede di lasciare o addirittura incrementare il traffico merci all’interno delle città. È chiaro che qualunque amministrazione locale, viceversa, chiederebbe e chiede che i treni di qualità (più o meno veloci, poco importa) fermino in città, mentre sarebbe ben lieta di espellere il rumoroso traffico merci in puro transito.
8 punti per passare dalle parole ai fatti
Per non dilungarmi troppo, a questo punto, proverò a riassumere in forma schematica i punti che, a mio parere, possono essere alla base di un proficuo impegno per ottenere che si passi finalmente dalle parole ai fatti e si doti l’area padana di un sistema ferroviario moderno ed efficiente.
- La rete. In primo luogo è chiaro, sia dal punto di vista di un decisore pubblico che di un approccio logistico razionale che voglia ridurre la congestione, che occorre considerare l’intera rete ferroviaria dell’area e non solo la dorsale principale. Questo significa, prescindendo dalla scala puramente regionale, lavorare, nel senso Est/Ovest, sulla direttrice principale Torino-Trieste e sulla cosiddette linee medio-padana e di gronda, avendo come sbocchi immediati oltre confine Francia e Slovenia; nel senso Nord/Sud considerare i collegamenti dei porti liguri e dell’alto Adriatico col Sempione e col Brennero.
- Medio padana e linea di gronda. Nel contesto dell’intera rete ferroviaria e concentrando l’attenzione, per ragioni di tempo, sull’asse Est/Ovest i provvedimenti da prendere in considerazione sono il cosiddetto quadruplicamento della dorsale principale, il raddoppio e l’ammodernamento della medio-padana e della linea di gronda. Queste ultime sono al momento dei collages di tratte locali e dovrebbero viceversa essere trasformate in linee vere e proprie, realizzando i dovuti raccordi e ritocchi di percorso.
- Priorità funzionali. Il complesso degli interventi dovrebbe essere inserito in un piano complessivo da realizzare per tranches funzionali sulla base di una programmazione di lungo periodo definita in base alla disponibilità di risorse. La scansione temporale degli interventi, nonché la loro natura, dovrebbe partire dalle situazioni di saturazione (Padova-Mestre, Milano-Treviglio, Torino-Chivasso) per eliminarle e, progressivamente, prevenirle in modo da trarre il miglior beneficio immediato da ogni opera.
- Costruire secondo le caratteristiche del territorio. I binari aggiuntivi lungo la dorsale principale andrebbero progettati con riferimento al trasporto merci; i tracciati, prevalentemente in affiancamento a manufatti esistenti, dovrebbero passare fuori dalle aree urbanizzate. I progettisti, contrariamente a quanto avvenuto per il passato, dovrebbero ricevere l’indicazione di calare le linee sul territorio dando priorità alla salvaguardia delle caratteristiche di quest’ultimo, adottando ogni possibile accorgimento progettuale e tecnologico atto a minimizzare gli impatti. Per chiarire: adottare ogni accorgimento atto a rendere “leggera” la linea (trinceroni, viadotti “di pianura” e terrapieni lunghi chilometri, interramenti, intubamenti della linea aumentano a dismisura i costi e peggiorano la compromissione di territori prevalentemente già disastrati).
- Mettere le merci sui nuovi binari. Tutte le merci in transito dovrebbero essere indirizzate sui nuovi binari, liberando le aree interne alle città. Attualmente, a seconda delle tratte, i treni merci rappresentano una percentuale del traffico giornaliero variabile dal 18% al 36% del totale e la loro eliminazione comporterebbe la scomparsa, a dati nominali odierni, delle situazioni di sofferenza per cogestione.
- Adottare una logica di sistema. Le linee alternative, unificate, raddoppiate e potenziate (essenzialmente la medio-padana) andrebbero utilizzate, in una logica di sistema, per le lunghe percorrenze passeggeri (posto che ci siano in misura sufficiente) e come percorsi alternativi per le merci.
- Controllo e gestione del traffico. L’ottimizzazione della capienza delle linee andrebbe perseguita con i più moderni accorgimenti di controllo e gestione del traffico, fissi e mobili.
- Comfort e sicurezza. Rendere più confortevole il viaggio. Il comfort sul materiale i materiali. La tecnologia viaggiante, nel senso della sicurezza, del comfort, della resa dei tracciati dovrebbe essere la migliore disponibile. Sarebbe tra l’altro un’ottima cosa se l’Italia, come sta facendo la Germania, varasse un progetto nazionale di ricerca e sviluppo per treni, passeggeri e merci, “silenziosi”, perché la simpatia per il treno, nelle aree fortemente popolate, sta vistosamente calando, tanto in Germania che nel nostro paese, in relazione al disturbo arrecato dall’esercizio delle linee.
Vi è ancora una considerazione finale non direttamente tecnica, ma essenziale. Tra le cose da realizzare, in nome della trasparenza e dell’economicità del progetto di ammodernamento/potenziamento della rete, vi è una diversa architettura finanziario – gestionale; diversa, intendo, rispetto all’assurdo castello messo in piedi per ragioni su cui, per carità di patria, non entro in questa sede. Insomma non si può fare alcun ragionevole discorso sui costi e sulle capacità di interlocuzione con amministratori e realtà locali quando ancor oggi gli interventi vengono, o dovrebbero avvenire, al fondo di una catena di intermediazioni che parte dallo Stato, passa a FS, di qui a TAV (che appartiene oggi interamente ad FS), torna, per alcune funzioni, ad FS in veste ITALFERR, quindi va, almeno per la tratta Torino – Milano, ad un General Contractor, poi ai Consorzi di Imprese, infine ai singoli appaltatori diretti.
Conclusioni
C’è un comune interesse generale ad ammodernare e potenziare il sistema ferroviario del paese, in particolare lungo la direttrice transpadana. C’è la volontà e disponibilità a ragionare nel merito sulle soluzioni da adottare per aprire al più presto dei cantieri. Ho esposto una serie di condizioni/requisiti in base ai quali, a mio parere, tutto ciò può avvenire.
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