Otto miliardi di sacchetti di plastica prodotti ogni anno, in gran parte venduti a 100-150 lire nonostante non sia più in vigore l’imposta.
Costano circa 50 lire l’uno, ma tantissimi supermercati e centri commerciali continuano a venderli ad un prezzo maggiorato, nonostante non sia più in vigore la norma che aveva introdotto un “sovrapprezzo ecologico” per limitarne l’uso.
Si tratta degli otto miliardi di shopper prodotti ogni anno in Italia, che sono oggi diventati una fonte di reddito ulteriore per la grande distribuzione, che su ogni sacchetto dato al cliente guadagna tra le 50 e le 100 lire. E questo proprio mentre il Conai (il consorzio nazionale per gli imballaggi) stenta a partire, anche per mancanza di fondi e per l’ostruzionismo della grande distribuzione.
Si tratta di una tassa occulta, incassata impropriamente dalla grande distribuzione, che centri commerciali e supermercati impongono ai loro clienti. La norma che imponeva un sovrapprezzo per gli shopper infatti non esiste più, ma i grandi esercizi commerciali hanno fatto finta di nulla: in pratica il cliente nel suo sacchetto della spesa ha un prodotto in più, il sacchetto stesso, senza esserne informato. Perchè non destinare allora il sovrapprezzo degli shopper proprio al Conai, anzichè alla grande distribuzione?
Il costo maggiorato per i sacchetti della spesa aveva lo scopo di stimolare i cittadini ad un minor uso della plastica e nello stesso tempo era un primo passaggio per affrontare in generale il problema degli imballaggi, che ancora oggi rappresentano il 50 per cento in volume di tutti i rifiuti che finiscono in discarica. Ma pur se qualche risultato si è visto, soprattutto per quello che riguarda l’attenzione dei cittadini al discorso rifiuti, alla fine l’impressione è che l’unica preoccupazione della grande distribuzione sia stata quella di creare una ulteriore fonte di reddito.
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