Una città come Vibo Valentia in Calabria ha dovuto fare i conti nel 1998 con 120 giorni (4 mesi) di carenza idrica. Dal censimento dell’Italia del rubinetto a secco realizzato da Legambiente, le tre regioni a maggiore rischio acqua risultano essere Calabria, Sicilia e Sardegna, ma l’emergenza idrica colpisce anche il nord, visto che a Pisa per 20 giorni in un anno l’acqua ha fatto cilecca.
Alcune grandi città, soprattutto d’estate, restano a secco. È il caso dei capoluoghi pugliesi, delle città sarde, della Sicilia. Una carenza idrica che mal si sposa con una rete piena di rattoppi: prima di arrivare al rubinetto si perde infatti il 30% di acqua.
Nella classifica delle città a rischio (ma i dati di Sicilia e Sardegna sono incompleti) è prima Vibo Valentia con 120 giorni di carenza idrica, seguita da Reggio Calabria con 70 e Catanzaro con 60. Rubinetti chiusi poi per 10 giorni a Trapani, 4 a Napoli, 3 a Enna, 2 a Latina. La stessa Cagliari è più volte ricorsa alla chiusura notturna d’estate e provvedimenti analoghi sono stati presi in altri comuni dell’isola.
Ma come si risolve questa emergenza? A livello locale bisogna intervenire su tre fonti: impedendo che agricoltura e industria prosciughino falde e corsi d’acqua, riducendo al minimo le perdite a rete e incentivando il risparmio.
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