Ma rimangono da affrontare riduzione dei rifiuti e responsabilità del settore produttivo
Di fronte alla tragedia annunciata dei rifiuti in Campania, la Regione Emilia Romagna è chiamata, come altre ad essere solidale e a farsi carico dello smaltimento nei propri impianti (inceneritori e/o discariche) di una parte dei rifiuti accumulati lungo le strade e intorno alle scuole. Ovviamente al di là delle responsabilità locali e più generali che hanno creato questa situazione non è possibile dire che questa tragedia è roba d’altri e non riguarda ognuno di noi. Bisogna dunque rispondere positivamente come in altri casi le popolazioni dell’Emilia Romagna hanno sempre saputo fare.
Al Presidente Errani e agli altri dichiaratisi pronti alla solidarietà Legambiente ricorda che è necessario valutare con attenzione le diverse possibilità dei vari territori, anche per evitare di mettere in crisi i sistemi locali di smaltimento. Infatti che anche nell’ambito regionale ci sono situazioni critiche e territori che smaltiscono rifiuti a casa d’altri. I casi più eclatanti sono quelli storici di Rimini e Parma, ma non mancano altri esempi. La loro dichiarazione di disponibilità è fatta in realtà in nome di coloro sui quali pesa il costo dell’operazione e cioè i cittadini delle aree nelle quali insistono gli impianti di smaltimento i quali vedranno (poco o tanto) ridurre la disponibilità di quegli impianti con la prospettiva di vedersi chiedere ampliamenti. Da parte loro le aziende di gestione potranno contare su prezzi consoni a situazioni di emergenza e così quelle di trasporto e ausiliarie.
Se è sperabile che l’emergenza finisca presto e non si ripresenti ciclicamente si impongono però alcune considerazioni sui nodi da affrontare anche nella nostra regione. L’accento va posto sulla raccolta differenziata finalizzata al riciclaggio che è ancora troppo bassa e soprattutto spesso fatta in modi discutibili (es. con i cassonetti di strada) che non garantiscono la qualità del prodotto raccolto e diventano ricettacoli per ogni cosa. Ci sono casi virtuosi come il Comune di Monteveglio che hanno fatto passi da gigante assumendo un ruolo autonomo anche rispetto alla multiutility e realizzando il porta a porta tramite una vasta discussione con i loro cittadini. Tra i più negativi da citare il fatto che in gran parte del centro storico di Bologna non ci sono neppure le campane per la plastica.
Ma il problema principale e di cui si parla troppo poco è la enorme quantità dei rifiuti che viene immessa in circolazione anche se c’è confusione sui dati fomiti dai comuni che variano secondo le diverse elaborazioni che le forniscono.
Il grande tema che neppure il “mitico” Decreto Ronchi ha saputo affrontare, è l’esigenza di fermare e ridurre la produzione di rifiuti alla fonte e penalizzare l’imballamento esagerato. Su questo vi sono responsabilità dei vari livelli di governo. Con una concezione esasperata del concetto di igiene alimentare si è arrivati addirittura a mettere il miele in bustine e ad obbligare le persone a bere acqua in bottigliette di plastica. Rimangono purtroppo da sempre troppo nascoste – anche in questi frangenti – le enormi responsabilità del sistema produttivo e di quello distributivo che ha massimizzato la produzione di imballaggi, che scarica regolarmente sul sistema di smaltimento le montagne di rifiuti che formano gran parte del problema e pensa di sgravarsi la coscienza con i contributi ai consorzi di filiera. Tant’è che la stessa Unione Europea ha dovuto intervenire per richiamare l’urgenza di modificare le produzioni nel senso di una diminuzione dei rifiuti e della riciclabilità dei prodotti. Ma per affrontare seriamente il problema e avere qualche possibilità di risolverlo è necessario riportare la discussione alle famiglie e ai condomini mentre – invece – anche dalle nostre parti, ha avuto il sopravvento la logica tecnocratica e aziendale delle multiutility che richiama a sé ogni decisione, considera il cittadino un cliente e invece di promuovere la sua partecipazione gli scarica addosso tutto intero il prezzo delle sue scelte.
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