Rinvio a giudizio per i 7 ex manager della Solvay di Ferrara – l’azienda chimica chiusa nel 1998 – accusati di non aver tutelato due operai dall’esposizione al cloruro vinile monomero. Lo ha deciso il Tribunale di Ferrara al termine di un’istruttoria durata 7 anni. La complessità della vicenda rende necessario il dibattimento processuale, per fare chiarezza sulle possibili responsabilità dell’azienda riguardo ai tumori contratti dagli operai che vi lavoravano. Legambiente, impegnata dal 2001 a raccogliere le denunce degli operai ammalati e dei familiari di quelli deceduti, esprime la propria soddisfazione per la decisione del giudice per l’udienza preliminare. Erano infatti 67 i lavoratori che si erano rivolti al legale dell’associazione, ma per 65 di loro le posizioni sono state stralciate per decorrenza dei termini di legge.
“Viene riconosciuta in questo modo la possibile correlazione tra l’epatocarcinoma, il tumore di cui soffrono i due operai – commenta Luigi Rambelli, presidente di Legambiente Emilia-Romagna – e l’esposizione alle polveri di cloruro vinile monomero. È un importante passo avanti verso il riconoscimento dei diritti dei lavoratori”.
Estrema soddisfazione di Legambiente anche per il suo riconoscimento come parte civile nell’ambito del procedimento che dovrà fare chiarezza sulle responsabilità dei manager della Solvay di Ferrara. Tra le costituzioni accolte dal Gup figurano, infatti, quelle dei due ex operai Mantoan e Mazzoni, oggi ammalati, dell’Inail, dei sindacati Cgil-Cisl-Uil e di Legambiente, mentre sono state respinte quelle di Comune e Provincia. L’associazione ambientalista è stata ammessa a costituirsi parte civile solo in relazione al capo b dell’imputazione, l’omissione di misure di sicurezza.
“Questo riconoscimento da parte del Tribunale di Ferrara – commenta Rossella Muroni, direttore generale di Legambiente – premia un lavoro d’indagine e di studio sulle possibili correlazioni tra i tumori e l’esposizione al cloruro vinile monomero avviato da Legambiente nel 2001. Sono stati riconosciuti l’impegno e la coerenza delle azioni che abbiamo messo in atto ed è per noi un risultato davvero importante”.
Il giudice, nello stabilire un diritto delle parti a reclamare le proprie ragioni, ha confermato il ruolo fondamentale svolto dall’associazione ambientalista per la “concreta attività che ha svolto per la tutela della specifica situazione che ha portato, prima alla genesi e allo sviluppo delle indagini preliminari, e poi alla richiesta di rinvio a giudizio per cui si procede come evidente dagli atti processuali e dalla documentazione allegata a sostegno della parte civile”.
“Abbiamo cominciato col raccogliere le denunce degli operai ammalati e dei familiari che ne segnalavano i decessi – racconta Luigi Rambelli – e aperto una causa per omicidio colposo, lesioni colpose e omissione delle misure di sicurezza. Per sette anni malati e famiglie degli operai deceduti hanno aspettato: nel frattempo altri operai sono morti o si sono ammalati e per tanti non è più stato possibile procedere per scadenza dei termini”.
“Credo che ammettere un’associazione ambientalista tra le parti civili – aggiunge Marzia Marchi, presidente del circolo di Legambiente Ferrara – significhi riconoscere che esiste una correlazione tra i danni ambientali e la salute delle persone. Il nostro impegno in questa vicenda è la testimonianza del legame che c’è tra l’inquinamento e le sue possibili conseguenze a lungo termine”.
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