No al nucleare, sì alle fonti pulite e all’efficienza energetica, per un’Italia più moderna sicura e pulita.
Operazione Po, la campagna di tutela e valorizzazione del grande fiume, fa tappa a San Benedetto Po (Mn) dove il Governo, come 30 anni fa, vorrebbe realizzare una “nuova” centrale nucleare.
Operazione Po, la campagna di Legambiente per la tutela e la valorizzazione del grande fiume e dei territori rivieraschi, ha deciso di fare tappa a San Benedetto Po per ribadire il proprio no all’energia nucleare, per puntare invece sulle fonti pulite, sull’efficienza energetica.
Già negli anni ’70 il Po mantovano fu tra i protagonisti della mobilitazione contro il piano energetico nazionale che prevedeva la costruzione di centrali nucleari. Argomento tornato recentemente di moda con le nuove linee guida del Governo che vorrebbero il ritorno del nostro paese all’energia prodotta dall’atomo, una fonte energetica costosa e che non ha realmente risolto le questioni di sicurezza per le popolazioni e il territorio.
Le iniziative di Legambiente per un futuro sostenibile del fiume Po sono state illustrate durante una conferenza stampa presso il Chiostro dei Secolari da Massimo Serafini, portavoce di Operazione Po, Barbara Meggetto, Direttrice di Legambiente Lombardia, Marco Giavazzi, Sindaco di San Benedetto Po, Marco Mossini, presidente del Comitato Anti Centrale Nucleare e per le Energie Rinnovabili di S. Benedetto Po e Luigi Rambelli, Presidente di Legambiente Turismo.
“Sul Po e sulle popolazioni che vivono lungo il suo corso incombe una minaccia grave – ha dichiarato Massimo Serafini, portavoce di Operazione Po – È possibile infatti che il governo decida di collocare lungo il suo corso una delle centrali nucleari che ha deciso di costruire, senza coinvolgere comuni, province e regioni e soprattutto ignorando l’esito di un referendum popolare. Sul Po sono già ospitate, soprattutto in Piemonte e a Corso, le scorie radioattive del vecchio nucleare che rappresentano una grave minaccia per le popolazioni del Po e soprattutto la prova dell’incapacità evidente di smantellare una centrale nucleare. Facciamo appello alla popolazione, a sindaci ed amministratori affinché si uniscano a noi nella lotta per richiedere al governo la messa in sicurezza, individuando rapidamente il sito nazionale in cui depositarle, delle scorie pregresse e per dichiarare i territori del Po territori denuclearizzati e totalmente indisponibili ad ospitare impianti nucleari”.
L’incontro di San Benedetto Po è stata l’occasione per promuovere il manifesto “Un Po di Rinnovabili”, che ha l’ambizione di essere sottoscritto dal maggior numero di enti locali, associazioni di categoria e di cittadini, e aziende che si impegnano a dare il loro contributo per promuovere un sistema energetico sostenibile e distribuito alternativo a quello attuale fondato sull’uso indiscriminato delle fonti fossili, principali responsabili delle emissioni di gas serra, per contribuire alla lotta ai cambiamenti climatici.
“Da San Benedetto Po, protagonista già 30 anni fa della mobilitazione contro il nucleare – ha dichiarato Barbara Meggetto, direttrice Legambiente Lombardia – vogliamo rilanciare l’impegno nel promuovere le buone pratiche nel settore energetico, industriale e residenziale. La Lombardia infatti da sola consuma un quinto di tutta l’energia consumata in Italia e se volesse davvero raggiungere gli obiettivo del 20 20 20 dovrebbe ridurre i proprio consumi energetici annui di 100.000 GWh. Ma se si pensasse al nucleare, come il ministro Scajola continua a dire, per raggiungere questi obiettivi, bisognerebbe mettere in cantiere da subito almeno 10 grandi centrali nucleari solo in Lombardia, ognuna grande almeno il doppio di quella di Caorso. Appare chiaro dunque che è negli investimenti in efficienza e risparmio, e non nel nucleare, che risiede la grande sfida energetica della Lombardia”.
L’iniziativa di San Benedetto Po è stata anche l’occasione per parlare di un altro sviluppo possibile del grande fiume. Uno sviluppo che contrappone alle grandi opere la valorizzazione dei beni culturali, delle specificità gastronomiche, culturali e ambientali, la promozione delle fonti energetiche rinnovabili, qualità delle acque, sicurezza idraulica, rinaturalizzazione del fiume (con il recupero di lanche, golene e mortizze) e la promozione di un turismo “leggero” e sostenibile (navigazione fluviale con piccole imbarcazioni, percorsi ciclabili lungo gli argini).
“La splendida abbazia di San Benedetto Po – ha dichiarato Luigi Rambelli, Presidente di Legambiente Turismo – è un ottimo esempio dell’inestimabile patrimonio di arte e cultura che sorge lungo le rive del grande fiume. Il futuro di queste zone non può che passare attraverso la valorizzazione di questi capolavori, la promozioni di itinerari turistici attenti alle specificità locali e alla tutela del territorio. Questo è l’unico vero sviluppo possibile per queste zone, non certo quello della bacinizzazione, che significherebbe la sostanziale cementificazione del fiume, con la realizzazione di dighe e il rifacimento pressoché totale degli argini, in nome di una navigazione commerciale che sembra destinata a non decollare mai, visto che i tracciati ferroviari già esistenti consentirebbero di trasportare le stesse merci in maniera più veloce e sicura”.
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