Greenpeace sta lottando duramente da anni contro la pesca illegale, cercando di proteggere gli oceani e assicurare alle future generazioni la disponibilità di pesce e di lavori nella pesca.
Nel corso degli anni, l’associazione ambientalista ha inviato navi negli oceani per monitorare le attività di pesca, assieme a governi come quelli di Palau e Mozambico. In qualche modo, questo lavoro viene oggi riconosciuto con la prima conferenza dell’Interpol sulla pesca illegale in corso a Lione in Francia.
Si stima che una cifra tra 10 e 24 miliardi di dollari di pesce sia catturata illegalmente, troppo spesso questo pesce viene sottratto a paesi in via di sviluppo per finire come cibo a basso prezzo nei paesi ricchi.
La pesca illegale, soprattutto di tonno e squali, sottrae reddito e cibo alle comunità costiere. Il lucroso commercio di tonno incentiva pratiche scorrette per massimizzare i profitti, specialmente quando il sovrasfruttamento della risorsa ittica costringe le flotte di pescherecci a muoversi sempre più lontano per catturare branchi in costante diminuzione.
Greenpeace spera di cambiare tutto questo e in coincidenza con la conferenza dell’Interpol ha redatto un documento con i risultati delle recenti campagne negli oceani Indiano e Pacifico, rinnovando inoltre l’appello ai governi per fermare la pesca illegale, soprattutto:
- Fermando la pratica del trasferimento in mare del pescato
- Rafforzando le regolamentazioni esistenti per migliorare il monitoraggio delle flotte pescherecce
- Obbligando i pescherecci ad utilizzare sistemi di identificazione elettronica
- Riducendo le flotte di pescherecci.
Greenpeace spera che l’agenzia internazionale di polizia si unisca nella campagna per lasciare alle future generazioni oceani vivi e salutari. La condivisione di informazioni e buone pratiche è un buon punto di partenza, come lo sarebbero la persecuzione di singoli individui e compagnie coinvolte nella pesca illegale.
È necessario l’aiuto di tutti per dimostrare all’industria ittica che gli oceani non sono una nuova Las Vegas, ciò che succede in mare non deve rimanere confinato al mare.
Fonte: Greenpeace
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