La salute del Po migliora e il fiume dimostra buone capacità di ripresa, ma i progetti di bacinizzazione rischiano di compromettre il futuro del grande fiume, dell’agricoltura e della costa adriatica.
Operazione Po, la campagna di Legambiente per la tutela e la valorizzazione del grande fiume e dei territori rivieraschi, ha fatto tappa a Santa Maria Maddalena nel comune di Occhiobello (RO), di fronte a Ferrara, per evidenziare le preoccupazioni per programmi e grandi progetti che riguardano il principale fiume d’Italia e rischiano di allontanare il Bacino Padano da un futuro basato sul settore agroalimentare e il turismo: due settori nei quali il Bacino Padano/Adriatico presenta notevoli potenzialità. L’appuntamento è stato inoltre l’occasione per presentare i dati dei rilevamenti effettuati sulla qualità della acque dalla sorgente fino a Ferrara, che mostrano un graduale miglioramento della qualità delle acque.
Le iniziative di Legambiente per il futuro del grande fiume sono state illustrate durante una conferenza stampa a Occhiobello, da Francesco Ferrante, della segreteria di Legambiente e responsabile nazionale agricoltura, Massimo Pedarzoli, Vicepresidente Regionale Coltivatori Diretti e Presidente del Consorzio del Canale Emiliano Romagnolo, Angelo Mancone, di Legambiente Veneto, Luigi Rambelli, Presidente di Legambiente Emilia-Romagna, Marzia Marchi, Presidente di Legambiente Ferrara e Giulio Kerschbaumer, biologo di Operazione Po. Erano inoltre presenti Rossella Zadro, Assessore all’ambiente Comune di Ferrara, Tiziana Virgili, Presidente Provincia di Rovigo, Giuliana Gulmanelli, Assessore all’Ambiente Provincia di Rovigo.
“Il Po può essere anche una straordinaria risorsa e opportunità di sviluppo – ha dichiarato Francesco Ferrante – a patto però che lo si rispetti. Oggi non è più il tempo di sbarramenti e nuove cementificazioni, ma al contrario si deve e si può mettere in campo un grande progetto di ‘rinaturalizzazione’ del grande fiume che ne tuteli la biodiversità e lo rilanci appunto come grande attrattore di turismo, agricoltura di qualità e tipicità. È questa la strada obbligata da seguire”.
Negli ultimi tempi sono stati fatti passi in avanti per la qualità delle acque del fiume, grazie all’azzeramento del fosforo nei detersivi e alcune riduzioni degli scarichi agricoli e degli allevamenti, ma il risultato non può certo essere considerato un punto di arrivo. Istituzioni, operatori turistici, associazioni ambientaliste e cittadini si battono da decenni per migliorare la condizione ambientale del fiume, del mare e delle coste e ora si vedono dei risultati, ma c’è anche chi, con progetti sconsiderati come quello proposto da AIPO (l’ex Magistrato per il Po) che prevede altre 4 sbarramenti fra Isola Serafini e la foce del Mincio (a monte della derivazione del Canale Emiliano Romagnolo), rischia non solo di compromettere una prospettiva di sostenibilità, ma addirittura di peggiorare l’attuale condizione. I progetti di bacinizzazione rischiano di ridurre drasticamente la disponibilità d’acqua per l’agricoltura, nonostante l’Emilia-Romagna prelevi solamente 1,3 miliardi di metri cubi d’acqua su un totale di circa 22 miliardi prelevati dal bacino del grande fiume, creando enormi difficoltà per i prelievi destinati all’irrigazione nella parte terminale del fiume (e per l’area servita dal Bacino del Canale Emiliano Romagnolo), per il rifornimento idrico di alcune città come Ferrara (e per la risalita del cuneo salino).
“Il piano di risparmio idrico avviato con il contributo della Regione, che ha permesso di adottare sistemi a basso uso d’acqua, come impianti di microirrigazione e rotoloni di nuova generazione – ha dichiarato Massimo Pedarzoli – ha consentito di ridurre di circa il 10% la necessità d’acqua delle nostre campagne, mentre sistemi telematici per un uso più razionale dell’acqua, come Irrinet del Canale Emiliano Romagnolo, permettono un risparmio di 50 milioni di metri cubi all’anno. La disponibilità di acqua resta fondamentale per mantenere l’alta qualità dell’agricoltura emiliano romagnola e per questo siamo preoccupati delle ipotesi di realizzazione di bacini a monte del Mincio, che rischiano di ridurre la disponibilità idrica per la nostra regione”.
Ma i problemi non riguardano solo l’agricoltura: numerosi esperti mettono in luce la possibilità di una riduzione eccessiva di nutrienti e del trasporto solido destinata ad abbassare la produttività della pesca e dell’acquacoltura anche perché gli sbarramenti fluviali sono un ostacolo per le specie ittiche migranti (dal mare verso il fiume e viceversa) anche in casi in cui sono previsti corridoi di rimonta per superare lo sbarramento. Previsto dai tecnici anche un aggravamento del processo di erosione delle coste basse e sabbiose dell’Alto Adriatico da tempo in forte erosione causa anche la scarsità degli apporti di sabbia immessa dai fiumi.
Durante la conferenza stampa sono stati inoltre diffusi i dati dei rilevamenti sulla qualità delle acque effettuati da Legambiente in collaborazione con i tecnici della Struttura Oceanografica Daphne dell’Arpa Emilia-Romagna. Il confronto con i dati rilevati lo scorso anno in condizioni di portata sostanzialmente equivalenti mostrano un lento ma graduale miglioramento, ma il vero problema sono ancora gli affluenti che continuano a riversare nel corso principale i loro eccessivi carichi di fosforo e azoto che rappresentano altrettante spie di un sovraccarico antropico di interi territori.
“I dati rilevati dal Piemonte fino a Ferrara rappresentano un’analisi puntuale effettuata sulla qualità delle acque del grande fiume – ha dichiarato Giulio Kerschbaumer, biologo di bordo di Operazione Po – e mostrano come i principali imputati siano gli affluenti del grande fiume, che riversano nel corso d’acqua i loro carichi inquinanti. Le distribuzioni dei valori del fosforo evidenziano 3 picchi principali individuati infatti nel fiume Lambro, nel torrente Parma e nel Crostolo, mentre i restanti valori si attestano su concentrazioni molto inferiori. La distribuzione delle forme azotate presentano da monte a valle una forte disomogeneità. In particolare presentano elevate concentrazioni nelle stazioni a monte: Casalgrasso, Moncalieri, Torino, Brandizzo, fiume Lambro, fiume Adda, torrente Parma, fiume Oglio. L’azoto ammoniacale presenta 3 concentrazioni elevate in corrispondenza delle stazioni: torrente Parma, fiume Enza, torrente Crostolo; un alto picco, ma di minore portata, è relativo al fiume Secchia”.
Categorie:News
Rispondi